giovedì 2 luglio 2015

Quel che avviene dopo l'editing: rapporto fra sé e il proprio romanzo

Vivere un romanzo mentre prende forma è già qualcosa di sconvolgente; non ti fa dormire la notte, ti annebbia il cervello al punto che quando la tua convivente ti chiede se hai pagato la bolletta, tu pensi «sì, al personaggio X dovrei far fare quella cosa». Le conseguenze sono facilmente immaginabili...
Ancora peggio, però, è revisionare il testo con un editing in mano. Questa è la parte più delicata di tutto l'iter creativo che precede la pubblicazione; perché, di fatto, chiude il cerchio e una volta terminata non sarà possibile tornare indietro. Così ci si avventura a tagliare parti che non hanno mai pienamente convinto, a cambiare termini impropri, a controllare maiuscole, punteggiatura e sillabazione (per quanto quest'ultima faccia impazzire, a causa degli automatismi improvvisati di alcuni programmi di scrittura).
Nulla va lasciato al caso, e ci si deve munire di pazienza infinita. Nel mio caso, ho impiegato quasi un mese; un capitolo alla volta, e poi un altro ancora, fino a giungere a un buon compromesso. Infine la rilettura conclusiva, un controllo di coerenza fra gli elementi del romanzo, e la correzione di bozza.
Deathpoint” potrà essere un buon libro o no, piacere o meno; ai lettori la sentenza. Di una cosa, però, sono particolarmente orgoglioso: non è un testo improvvisato. Alla fine, da quando è nato come embrione nella mia testolina, a quando finirà in libreria e negli store, saranno trascorsi più di sette anni. Sei da quando, nel luglio 2009, terminai di redigere la prima bozza. La pazienza e la meticolosità (oltre alla capacità di resistere alla smania dello scrittore) sono doti che ho cercato di far crescere con il passare del tempo. Un po' mi sono sorpreso di me stesso, ma di fatto questo approccio si è sposato benissimo alla scelta del self publishing come via di pubblicazione. Non avendo un editore tradizionale alle spalle, ho cercato (e ancora cerco) di replicare gli stessi passaggi, circondandomi di persone valide e competenti, una sorta di staff “tutto mio”.
“Deathpoint” è cresciuto con me come fosse un figlio. A volte l'ho rimproverato, più spesso ha occupato i miei pensieri in modo piacevole. Il libro vedrà la luce a settembre. Basta aspettare ancora un po'. Io, intanto, penso al formato, al carattere e alla carta. Ennesimo passaggio obbligato verso il traguardo.